sabato 6 aprile 2013

I capolavori dell'animazione [2]

Ghost in the shell


Ghost in the shell è un lungometraggio d’animazione giapponese che ha conquistato numerosi premi e riconoscimenti in tutto il mondo.
Capolavoro del 1995 tratto dal manga di Masamune Shirow, diretto dal famoso regista Mamoru Oshii e realizzato dalla Production I.G, uno dei più noti studi del sol levante responsabile tra le altre cose anche delle sequenze animate di Kill Bill vol. 1, il film, la cui trama ruota intorno all’indagine compiuta da una sezione della polizia giapponese alla ricerca di un hacker, è ambientato nell’anno 2029 dove la rete informatica la fa da padrona e dove macchine e uomini convivono.
In questo mondo ciò che differenzia l’uomo dalla macchina è ciò che viene definito ghost, l’essenza principale dell’animo umano che riempie con lo spirito vitale lo shell, il guscio, l’involucro robotico.
Protagonista della vicenda è il maggiore Motoko Kusanagi, agente speciale della Sezione 9 unità anti terrorismo cibernetico dipendente direttamente dal governo, che, coadiuvata dalla sua squadra, cerca di incastrare il Signore dei Pupazzi, un criminale che agisce sulla rete e che, per commettere i propri crimini, manipola le menti di ignare persone.
All’indagine si aggiunge anche un complotto politico, utilizzato per nascondere la vera natura del malvivente, che i componenti della squadra devono sventare.
Motoko Kusanagi, che presenta forti innesti meccanici nel suo corpo, sta attraversando un periodo di crisi di identità in quanto si sta chiedendo quanto di umano e quanto di macchina ci sia in lei.
I suoi dubbi e i suoi dilemmi trovano una risposta allorché la sezione si imbatte finalmente nel Signore dei Pupazzi, una coscienza cibernetica auto generatasi all’interno delle IA della rete a seguito di un programma virus del governo americano, che tenta di mettersi in contatto con il maggiore per fondersi con lei e dar vita ad una nuova stirpe di creature adatte al nuovo mondo tecnologicizzato
Mamoru Oshii, regista che ha una certa esperienza nel campo della fantapolitica e che ha firmato la regia dei due film animati di Patlabor, di buona parte degli episodi della serie televisiva di Uruseiyatsura, nonché di alcuni film dal vero, riesce a districarsi molto bene tra gli intrecci della trama, delineando con credibilità i vari personaggi che si avvicendano nella storia.
Rispetto al manga, in cui si dà spazio anche a momenti sentimentali e comici, si può affermare che l’anime abbia un’atmosfera molto più cupa.
Inoltre in Ghost in the Shell abbonda la violenza sottoforma di sparatorie, corpi frantumati e fiumi di sangue.
Oshii riesce tuttavia a equilibrare i tempi dell’azione frenetica e del dialogo tagliente e si pone una domanda angosciante: se la tecnica è in grado di creare androidi, capaci di ricordare e quindi di interrogarsi sulla propria identità, cosa rimane a distinguere un uomo da un cyborg?
Tecnicamente Ghost in the Shell è ineccepibile.
I fondali sono vere e proprie opere d’arte, riproduzioni quasi fotografiche di una città giapponese del prossimo futuro.
L’animazione è realistica e fluida e il character design è opera dello stesso Hiroyuki Okiura che ritroviamo in Spriggan e Perfect Blue.
L’uso della CG non è mai eccessivo: buona parte del fascino visivo di Ghost in the Shell è dovuto alle capacità degli animatori.
Per quanto riguarda le musiche, Kenji Kawai, se mai ce ne fosse bisogno, riesce a dare con le sue sonorità ancora più cupezza all’anime.
Alcune scene poi, come l’assalto finale al mech, sono rimaste nell’immaginario di tutti gli appassionati di animazione giapponese.
Cosa aggiungere?
Il fatto che i fratelli Wachowsky ne abbiano attinto a piene mani per la loro trilogia di Matrix, dice davvero tutto.

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